Da come l’ho capita io, la formula dovrebbe essere:
📒 Definisco la mia intention
📌 Fisso gli obiettivi
📝 Pianifico gli step, prevedo gli ostacoli e i percorsi alternativi
🏃🏻♀️ Lavoro sodo, mi impegno, dò il massimo
➡ ➡ e arrivo al risultato che voglio.
𝕄𝔸 ℕ𝕆ℕ 𝔼’ 𝕍𝔼ℝ𝕆.
Non è necessariamente vero.
Perché non siamo nel campo dell’algebra (per cui se x=8 e y=2, allora x+y=10) o della fisica (per cui se prendo 100 ml di acqua e 25 gr di zucchero e li mescolo, allora otterrò dell’acqua dolce).
Qui ci sono infinite variabili che ci si infilano in mezzo, compresi gli incontrollabili comportamenti degli altri 6 miliardi di individui con cui condividiamo il pianeta e l’incommensurabile numero di interazioni/casualità che ne derivano.
La verità è che questa formulina che ci viene raccontata da tempo, non è dimostrata né dimostrabile: per 100 persone per cui ha funzionato, ce ne sono 1.000.000 per cui non ha funzionato.
E 📛 attenzione, non è dimostrato neanche il contrario, cioè che “se non raggiungo il risultato”, allora, “vuol dire che non ho fissato i giusti obiettivi” o “non mi sono impegnato a sufficienza”.
In realtà, non è altro che una distorsione cognitiva.
È uno dei nostri bias, si chiama fallacia dell’equità ed è una vera e propria euristica, una scorciatoia mentale errata.
È come prendere un modello che funziona in un contesto e applicarlo tal quale in tutti gli altri ambiti e contesti, convinti che funzionerà e basta.
È pura presunzione.
È la presunzione che possiamo controllare la realtà al di là di noi stessi, cosa che è impossibile.
È la presunzione che il mondo è giusto, che la vita è giusta.
Che ognuno ha ciò che si merita.
Che lo sforzo viene sempre premiato.
Non sto dicendo di non lavorare a un obiettivo o di non impegnarsi.
Dico solo che sarebbe buona cosa riconoscere in anticipo che non abbiamo il controllo sul risultato ma che possiamo comunque crescere e divertirci nel processo 🏄🏻♀️