Le emozioni dei clienti, cioè? Le ricerche in tema di neuromarketing e psicologia cognitiva degli ultimi decenni ce lo confermano continuamente: il cliente non è, come si credeva, una “macchina pensante che prova emozioni”, ma è l’esatto opposto, “una macchina emotiva che pensa”.
Le nostre scelte e decisioni di acquisto sono irrazionali, immotivate e guidate dall’istinto e dalla pancia. Sono le nostre emozioni più inconsce e primordiali a guidarle.
Il fatto è che sono emozioni che, purtroppo, nemmeno i clienti conoscono esattamente! Però, tutti – ma proprio tutti- se interrogati sulle ragioni delle loro scelte o acquisti, sanno argomentare e giustificare le loro decisioni con motivazioni ragionevoli e condivisibili. E questo a me fa sempre ridere (anche perchè lo faccio anche io nei miei acquisti!!).
E’ ovvio, quindi, che è il livello invisibile, tenero ed elastico delle emozioni quello su cui occorre lavorare. Ed è qui, a livello di questa percezione innata, che si ottengono i risultati migliori.
La Paura è l’emozione che non manca mai
Tra le emozioni dei clienti è lei la regina: la paura. In ogni sua forma: la paura di sbagliare, di buttare i soldi, di farsi fregare, di fare brutta figura, di fare l’investimento sbagliato, di non ottenere il risultato sperato, di mettersi in mano alle persone sbagliate, di non saperne mai abbastanza, di non guadagnare abbastanza…
Di fronte a dei clienti che hanno paura di comprare e di sbagliare, come ci si approccia normalmente? con la razionalità.
<<Siamo un gruppo solido>>, <<grande competenza e professionalità>>, <<usiamo materiali di qualità>>, <<abbiamo delle funzioni di controllo>>, <<i processi produttivi sono selezionati>>, <<i prezzi sono in linea con il mercato>> e ….<<bla bla.>>
Giusto? Accade, però, che un cliente – nonostante tutta questa razionalità, tutta questa protezione – non si faccia persuadere, no? Può capitare. E’ possibile che un cliente come questo, se interrogato sulle ragioni del suo no, dica delle motivazioni razionali, scuse ragionevoli, “è un periodo in cui non me la sento di fare investimenti”, “sto valutando delle soluzioni alternative”, “forse rimando la spesa!”.
E’ possibile, quindi, che il bel discorso, il sorriso, le parole rassicuranti non bastino? Il cliente non ha risolto le sue paure.
Curare La Paura
Dunque, il cliente ha ascoltato e ha provato ad immaginarsi nello scenario che gli stiamo prospettando, ma non ha trovato risposte al suo timore, alla sua solitudine.
Come quando si va dal dottore o dal chirurgo. Si sa che potrebbe mettere le mani nella ferita e far male: il paziente ha paura, non vuole il dolore, ma dal dottore se lo fa fare perché si fida, sa che da lui può essere curato.
Prendersi cura delle emozioni dei clienti. E se fosse questa una delle sensazioni di base da generare per convincere? Far sentire al cliente di essere nelle mani di qualcuno che, non solo è competente nel suo settore e sa consigliare in termini di prodotto o servizio da acquistare, ma che, anche, si prende cura della sua paura, del suo irrazionale desiderio di non muoversi, di non fare acquisti sbagliati. Di qualcuno che ascolti senza ridicolizzare, che proponga senza insistere ma che capisca le ragioni intime, non dette, della sua titubanza.
Hai mai pensato in questi termini? Hai mai visualizzato lo spettro della sua Paura quando sei con un cliente? La prossima volta facci caso e immaginala proprio dietro le sue spalle. Una signora vecchia, fragile e insicura, terrorizzata dal farsi male e ferita dal precedenti fregature. Come le parlerai d’ora in avanti?

La prima impressione che plasma tutto
Si dice, e si legge, che la prima (buona) impressione si crei nei primi 5-10 secondi di interazione. E che dall’impressione appena ricevuta si determina anche la modalità con cui il cliente risponderà alle domande che gli si fa ma anche il suo stato d’animo nella trattativa. ma l’elemento già incredibile è che, nella stragrande maggioranza dei casi, il cliente sa già se ti dirà di sì o di no, dopo soli 10 secondi.
E tutto quello che dirai subito dopo – quindi dall’11° secondo ai successivi 30 minuti – non farà altro che alimentare le emozioni del cliente, ma come? Confermando l’impressione positiva se questa è quella che ha avuto, o fornendogli altri e nuovi elementi razionali e tangibili per dirti di no e giustificare/motivare a se stesso, a te e agli altri la sua “becera e primordiale” sensazione di pancia.
Come si fa a far centro nei primi 5-10 secondi? E se non ci si riesce subito, è ancora possibile cambiare la prima impressione e trasformarla nel corso della trattativa?
Curare la seconda impressione
I clienti, per fortuna, sono influenzabili. Ma non è la razionalità la strada purtroppo. Gli studi di neuromarketing confermano che il canale preferenziale su cui agire per spostare le emozioni dei clienti è quello inconscio, non razionale e non facilmente controllabile.
Da qui, quindi, tecniche di priming semantico (ripetere alcune parole o termini che hanno a che fare con una sfera in particolare orienta più facilmente chi le ascolta verso quella sfera), di postura e movimenti, di visualizzazioni ed immagini.
In questo senso, per esempio, si potrebbe trovare un nuovo criterio per rappresentare la propria offerta, magari non per fasi orizzontali ma per fasi ascendenti che culminano in un effetto speciale, oppure al contrario risolvere un problema mostrando come, via via, si riduca di dimensioni… Oppure: è meglio visualizzare la crescita con il dito che descrive una linea in rialzo, o con le dita che mimano dei rettangoli di un istogramma che si appoggiano alla scrivania e diventano sempre più grandi? Immagini e visualizzazioni, quindi, per mostrare ai clienti i concetti base su cui si fonda la propria offerta, senza che si sentano degli stupidi se non li conoscono e raccontando, in ogni frase e da subito, il risultato finale che si aspettano.
E io in questo senso sono fortissima, magari posso fare qualcosa per te, contattami!

Sfruttando tutti questi elementi, a seconda dei punti di forza di ciascuno, è possibile capire a che livello occorre intervenire: sfruttando la capacità di leggere i segnali più silenziosi e le emozioni dei clienti, e tenendo sempre presente il loro desiderio di vedersi e sentirsi cullare, pur nella sua onnipresente paura e insicurezza.