Ricordo quasi tutto delle visite non-annunciate&non-concordate che ho fatto in questi giorni nel primissimo #Job1 della mia #15JobsChallenge. È come se una videocamera – nascosta qui, sopra agli occhi, dentro alla mia corteccia prefrontale – avesse filmato tutti i miei atteggiamenti, la mia postura, le mie parole… Rivedo l’imbarazzo con cui sono entrata nei negozi che ho visitato, le facce di chi ho incontrato, risento la mia voce e riesco anche a rivedere i pensieri che mi hanno trascinato e illuminato in quei minuti.
Ho rivisto questo film decine di volte. E mi sono accorta che ero proprio a disagio. Sembravo sciolta-sorridente-allegra ma dentro di me c’erano traffico-rumore-confusione.
E, come sempre quando mi sento molto-a-disagio, è arrivata Lei: lei è la mia Safe Mode, la mia “modalità-protezione”, la versione di me che salta fuori quando sono in difficoltà. E in queste prime visite mi sono sentita molto in difficoltà, immersa in una situazione non-ordinaria, esposta a tutte le mie insicurezze… tanto che mi sono ritirata nel mio guscio e ho lasciato a LEI il controllo.
Andare in -e-m-e-r-g-e-n-z-a
La modalità “protezione” è un vero e proprio protocollo di sicurezza, un po’ come tutte le limp-mode, tipo quella dell’auto: si attiva quando viene rilevato qualcosa che non va e, immediatamente, l’accelerazione viene inibita e la velocità ridotta. L’auto NON si ferma MA rallenta, così tutti sono al sicuro.
La mia “modalità-emergenza” è una versione di me che non so controllare e che entra al comando senza che io me ne accorga; solo quando ci fermiamo mi rendo conto che era lei a guidare e non io. Agisce in modo automatico, quasi meccanico e ha 1 solo scopo: proteggermi, mettermi in sicurezza, schivare ogni errore ed evitare ogni possibile attrito.
Per esempio lei:
- non contesta ciò che le viene detto, incassa come un muro di gomma
- non difende apertamente le sue idee, teme di essere attaccata e ha paura di non saper rispondere
- non chiede, non fa domande, non si avvicina, non se ne occupa, non le interessa
- non si impone
- non dice quasi mai di NO, piuttosto tratta e concorda condizioni che sa benissimo che io non accetterei
- cerca consenso e approvazione, accontentandosi di quelli gratuiti che non servono a niente
- e, pur di non deludere le aspettative di qualcuno, è disposta a farsi male.
Quando entro nel discomfort, LEI arriva sempre.

E alle prime visite porta-a-porta ci è andata lei, NON io. Ed è per questo che non ho guidato le conversazioni, non ho saputo “deviare” le obiezioni verso gli argomenti che preferivo e ho ascoltato inerme le risposte che mi hanno dato. Mi sono accontentata di sembrare gentile ed educata, di sorridere e di portare a casa la pelle.
Ovvio che non ho venduto niente: non ho portato vero valore a quelle persone. Non ho saputo cercare i loro bisogni né chiedere di più sul loro conto. Non ho acceso nessuna lampadina, nessun colore. Ho fatto il lavoro a metà: mi sono esposta e poi me ne sono andata.
Ma sono ugualmente felice di esserne consapevole. Ho capito qual è la spia dell’emergenza e ora so come fare: basta spegnere il motore, e riavviare.
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