La gamification crea engagement e non solo. La gamification aumenta l’engagement e lo rafforza. E per gamification non si intende giocare o rendere i compiti più divertenti. Gamify significa applicare i principi cardine dei games (ovvero fornire una sfida, creare competizione e premiare il successo) per guidare le persone verso nuovi obiettivi favorendone la partecipazione.
Il concetto di gamification si può applicare a diverse sfere e con tanti obiettivi: funziona per guidare l’innovazione e il change management, amplifica i risultati della formazione, funziona in fase di sviluppo prodotti, fa brillare il marketing e affina la gestione delle risorse umane e il customer care.
Gamific-are significa introdurre elementi di gioco nelle strategie di business e di marketing, rendendo il tutto più simile ad un gioco che alla realtà e generando motivazione ed engagement.
La gamification è l’utilizzo delle dinamiche proprie del gioco – come per esempio i livelli, i punti, le classifiche, i premi, gli obiettivi crescenti, le sfide – in contesti non ludici. Il risultato è incredibile: crea adesione e coinvolgimento, sollecita impegno e competitività e stimola la ricerca di soluzioni innovative ad un problema.
Un po’ come “isolare” la formula del game design – cioè (Challenge+Competition)^Reward – e applicarla a obiettivi di business piuttosto che al puro intrattenimento: tutto diventa più interessante e, allo stesso tempo, meno serioso, l’attenzione si focalizza, cresce l’impegno e, paradossalmente, il rischio di fallire/sbagliare diminuisce rendendo l’esperienza del gamer più fruttuosa e meno gravosa.
Perché funziona la gamification?
È capitato a tutti di osservare qualcuno intensamente impegnato a giocare ad un gioco reale o virtuale: gli occhi non perdono di vista l’obiettivo, il corpo si tende alla sfida, l’attenzione non cala, anzi, cresce di intensità e non c’è spazio per nessun pensiero che non sia il gioco. Non è forse questo il migliore atteggiamento/predisposizone al raggiungimento di qualsiasi obiettivo?
Ecco perché la gamification funziona quando è ben costruita.
Rende la partecipazione più coinvolgente, incoraggia la risoluzione di problema e l’innovazione pur presentando ostacoli progressivamente sempre più difficili da superare.
È una strategia che scatena emozioni umane reali e molto potenti, aumenta il coinvolgimento e la fedeltà e crea dipendenza. Sì, dipendenza. Il ciclo continuo di sfida (di difficoltà crescente) e reward (di intensità crescente) è la chiave per liberare dopamina e trattenere/vincolare/legare a sè le persone e i loro sforzi.
E non solo: una gamification ben costruita (unendo elementi di design con elementi di neuropsicologia):
- contribuisce alla creazione di relazioni tra le persone, che nella stessa competizione arrivano a motivarsi vicendevolmente (per questo è un elemento chiave nella gestione dei team)
- facilita la modifica a lungo termine del comportamento delle persone (e infatti ci sono diverse applicazioni nel campo delle behavioral sciences)
- favorisce la nascita ed il consolidamento di un interesse attivo e prolungato nel tempo (motivo per cui il marketing continua ad investirci).
La psicologia della gamification
Per ottenere i risultati citati, la gamification deve essere ben costruita, ovvero “funzionare” indipendentemente da chi ne fa uso. Questo significa che deve far leva sugli elementi psicologici e cognitivi che tutti possediamo e di cui, però, spesso non abbiamo cognizione.
Ecco gli elementi chiave da non trascurare.
“In control”
Nessuno ama essere forzato in nessuna direzione. Tuttavia, se l’intenzione di ottenere un risultato nasce nel nostro intimo, ecco che si trasforma in intento e in motivazione e siamo noi stessi a forzarci in quella direzione. Primo elemento: il viaggio deve essere attivato dalla persona/cliente che (anche se solo apparentemente) vuole essere il padrone del proprio destino e sentirsi “in control”.
Il segreto è di far sentire le persone come se fossero loro al posto di guida: sono loro ad “attivare” il gioco e a far partire il livello successivo, loro decidono quanta attenzione investire su ogni sfida in virtù del risultato che vogliono raggiungere.
Mappa del territorio
Perché ci si senta “in control” non basta essere alla guida, bisogna anche conoscere la mappa del contesto in cui ci si sta muovendo. Quanto è ampio? Dove ci troviamo? In che direzione ci si deve muovere? Il secondo elemento importante è dare alle persone la possibilità di orientarsi dando loro la mappa del territorio.
Qual è l’obiettivo finale, in quante fasi lo si raggiunge, quanto cresce la difficoltà delle sfide, quanto manca alla fine.. questi elementi rendono più raggiungibile qualsiasi risultato e anche più gestibile, abbordabile e affrontabile qualsiasi sfida perché mostrano gli step da completare invece che il risultato finale.
Reward
Rinforzo positivo, ricompensa, premio… ci sono tanti modi di definire la reward, ma di questo si tratta: di regalare qualcosa ad ogni obiettivo raggiunto, remunerare ogni risultato. Le persone adorano quando qualcuno si accorge dei loro progressi; sentire che c’è attenzione su di loro accresce la loro motivazione e rinforza il loro buon comportamento/abitudine.
La ricompensa, peraltro, è tanto più potente (e utile a livello dopaminico) quanto più è immediata. Quindi l’ideale è che il riscontro sia il più vicino possibile al momento di esecuzione dello sforzo.
Un particolare meccanismo di reward è quello dei segreti. L’idea che nel percorso si trovino schemi nascosti o altri livelli di competizione (non noti a tutti) stimolano ancora di più l’engagement perché aggiungono due ingredienti speciali: la scoperta e l’appartenenza ad un’elite (composta dai pochi che conoscono quel segreto).
Progress monitoring
Uno dei più potenti driver del nostro comportamento è la realizzazione di un nostro desiderio/obiettivo. E a differenza della reward che deve essere costante e somministrata a intervalli brevi (perché stimola dopamina), l’obiettivo è un elemento più di medio/lungo termine, che cresce piano piano.
Una buona gamification deve continuamente sventolare questo obiettivo davanti agli occhi delle persone con un’attenzione particolare al suo livello di realizzazione complessivo e trasferendo una sfumatura di “incompleto” fino a quando non sarà raggiunto pienamente: questo per continuare ad incentivare la motivazione e favorire il ritorno al gioco.
Il progress-monitoring è una delle leve più importanti: non basta che dopo lo sforzo ci sia una ricompensa, è fondamentale che ogni sforzo serva anche a far progredire l’obiettivo, altrimenti il rischio è che si perda un po’ di slancio.
Competition
La competizione è una leva determinante nella psicologia della gamification e va sfiorata in due direzioni: la competizione con gli altri e la competizione con sé stessi. In un contesto gamified, è molto utile restituire alle persone classifiche, statistiche, record: servono per agevolare la percezione della propria performance sia rispetto ai propri risultati personali precedenti, sia rispetto ai competitor.
Sono 2 gli aspetti determinanti in questa direzione: il primo è la social proof che deriva dal rendersi conto che altre persone hanno accettato la stessa sfida. E questo contribuisce a convalidare la partecipazione dal momento è condivisa anche da altri. Il secondo aspetto ha a che vedere con il processo di autovalutazione, mi spiego meglio. Spesso è più facile superare il risultato di qualcun altro piuttosto che superare un proprio risultato: la nostra umana e distorta capacità di auto-limitazione qualche volta ci fa percepire i nostri limiti come invalicabili ma ci rende più propensi all’idea di superare i limiti degli altri. In sostanza, quindi, aiutare i clienti/utenti a superar-si superando gli altri è un regalo alla loro autostima, una scarica di dopamina extra.
Pubblico
Dal punto di vista psicologico, la consapevolezza che lo sforzo che si sta facendo è visto anche da altri aumenta la motivazione di chiunque. E’ importante quindi creare un momento di condivisione pubblica dei risultati verso un audience che può essere una platea di concorrenti oppure di terzi/osservatori/giudici, oppure un gruppo di terzi estranei che seguono il game sui social per esempio.
La presenza di un pubblico, inteso come un insieme di persone che guarda, applaude, partecipa, fa rumore è un elemento chiave di una buona gamification.
Community
Un ultimo fattore psicologico, importante nella progettazione di una buon gamification, è anche il concetto di community. Ovvero l’aggregazione sotto forma di gruppo (di tutti coloro che lavorano ad un task o che stanno lavorando per un obiettivo personale o aziendale). Questa appartenenza stimola il teamworking, la reciproca motivazione interpersonale, la collaborazione e la soddisfazione per il raggiungimento di obiettivi comuni.
Gamification nel marketing
Sono decine gli esempi di gamification già attuati nel mondo del marketing. Ne elenco alcuni, i più significativi, per dare un’idea più concreta dell’utilizzo di questo driver per generare engagement e motivazione.
Inizio proprio dalle base. L’idea del bar sotto casa (e di Starbucks anche) di regalare ai clienti una tesserina su cui si appone un timbro ad ogni gelato/caffè acquistato e che, dopo 10 timbri, dà diritto ad un omaggio è una versione semplificata di gamification. Ma anche le procedure di registrazione ad un sito/app che mostrano la barra di progresso degli step e che procedono a ritmo degli “ok” dell’utente sono esempi basic di gamification.
Le piattaforme di apprendimento online (Emeritus, GetSmarter, Harvard Business Simulations) che riuniscono i partecipanti i piccole community, procedono svelando i contenuti modulo per modulo come fossero dei livelli, prevedono quiz e verifiche intermedie, definiscono una classifica e consentono di pubblicare sui social il certificato che si ottiene sono esempi di gamification. Anche l’app di lingue Duolingo che stila una classifica settimanale mondiale, regala stelle e corone digitali ad ogni livello completato e che periodicamente valuta il livello raggiunto dall’utente è un esempio di gamification.
Kickstarter, che per ogni progetto ha una barra di progresso, ricompensa i migliori offerenti, vincola gli obiettivi a dei limiti di tempo e crea tra i sottoscrittori uno dei più alti livelli di appartenenza ad una community, è un esempio di gamification.
Nike+ che fa monitora ogni allenamento, lo confronta con i precedenti, fa l’analisi dei dati in tempo reale e li integra/pubblica nelle piattaforme di social media è un esempio di gamification.
La gamification è una tecnica che fa crescere l’interesse, il coinvolgimento e la partecipazione delle persone ad un progetto/obiettivo personale o di gruppo. Lo conferma anche lo studio From game design elements to gamefulness: defining “gamification” (2011) di Deterding, Dixon, Khaled & Nacke.
Io, personalmente, sogno di realizzare un progetto di marketing che abbia tutti gli elementi della gamification:
- che intercetti i clienti stimolando nuovi desideri
- che li premi per ogni acquisto eseguito, per ogni advocacy fornita, per ogni progresso effettuato verso il loro obiettivo
- che ammetta per loro la possibilità di sbagliare senza conseguenze
- che crei con loro connessioni durature, stabili, personali in virtù dell’intimità che si crea in un rapporto in cui l’uno aiuta l’altro a raggiungere i suoi obiettivi più profondi
- e che al raggiungimento dell’obiettivo, tutto ricominci in direzione di un nuovo traguardo.
Gamification per HR e gestione di progetti
E allora, perché non sfruttare l’elevato livello di coinvolgimento, spinta e concentrazione generate in un game anche per guidare i risultati aziendali, accelerare la realizzazione della strategia, per favorire una migliore e più dinamica risoluzione dei problemi e per guidare l’innovazione nelle organizzazioni?
Immaginiamo un obiettivo aziendale condiviso, non necessariamente il fatturato, ma magari un award in termini di sostenibilità/risparmio energetico, un risultato in termini di efficienza o benessere – come una dieta di gruppo – oppure un obiettivo di formazione/pratica su un argomento … da portare a termine in un orizzonte di tempo definito. L’organizzazione potrebbe prevedere:
- l’assegnazione di un kit di gara per rendere tangibile la partecipazione
- la creazione di una bacheca accessibile a tutti in cui ognuno possa confrontare il proprio punteggio con quello degli altri e, insieme, alimentare un contatore generale
- momenti di condivisione di tips, esperienze o di suggerimenti
- un aggiornamento pubblico, magari sui social
- premi al raggiungimento di obiettivi intermedi o punti extra per il tutoring verso altri soggetti.
Ma non lo dico solo io, ne parlano anche Rajat Paharia, Loyalty 3.0: How to Revolutionise Employee and Customer Engagement With Big Data and Gamification e Jane McGonigal in questo suo TED Talk.